Simùn il vento
POESIE   prima parte  |  seconda parte


Ho riposto il ciarpame nella stiva
       lustrato la tolda
tessuto vele con trama di nuvole
di burrasca nere
quindi sull'albero della speranza
ho innalzato la bandiera
e per ciliaci flutti in anfratti di onde
mulinelli inseguendo
il mio veliero imperterrito andrà
cercando l'isola felice
per la sua ciurma stanca.
Voglio arrivare
       mi piego avvolgo accorcio
sono provetta trasformista
e mi trasformo
Divento mappamondo
e poi palla di lana arabesco
perla bazzotta granello di sabbia
oasi nella sua trasparenza
invisibile eppure certa
Ora metto le ali
sono eterea farfalla dorata
e dal Simun mi lascio trascinare
sino a te che sei un tornado
improvviso e mi travolgi.
Mancano stelle ombre e luna
       nel magico underground
Osserva schermata i sussulti del cuore
la notte che i panni del silenzio veste

Dialoga con l'anima
e l'eco rappresenta delle profonde pene
che la piega dell'alba nasconde
come la pagina del libro la tua lettera.
Fra guizzi di luce
       nel mio nido d’aquila ti porterò
e giorni vivrai vorticosi.

Vedrai nella notte
baluginanti stelle aprire porte al sole
e lì, nello spaccato d’ombra
dove si adagia aprile
ridestarsi i fiori della valle.
Sulla strada del dolore
       diventano stalattiti le lacrime

Striscio attraverso il silenzio
della foresta pietrificata
e mi si smaglia l'anima
Alle mie spalle
l'impronta sofferta del viso
e più in là, sul prato una polla
lembo di cielo mi pare.
Abbarbicato a me
       come viticcio a vite
d’inzolia e glicine ornavi i miei capelli
nell’incavo del corpo deponendo il seme

Gusteremo il frutto della terra
a tutti così dolce che riposa nel grotto
e nel cuore dei tini matura
stringeremo, a breve il bimbo
che per poco ancora sulla soglia
il dolore imbriglia
poseremo di poi coccarde alle finestre
frecce di luce con zefiro gentile
e con orgoglio, in lieto convivio
il figlio mostrando, il nettare gusteremo
della terra di Marsa-llah porto di Dio
culla del sole.
Tu sei il mio poema legato
       dove percuotono pietre le ore
Tu il perduto rendi e la mia casa riempi

Rumore di passi che tornano nella sera
odore di pelle umori d’anima
contornati limiti dove felice mi perdo

Rumore di cigolanti porte
che si aprono al sorriso
e dietro al sorriso si richiudono svelte.
Titilla il vento
       tutte le corde alla luna
e il chiarore australe
copre lo spazio sospeso nell'attimo

Piangono le pietre spine
e il pianto è torrente
che lava il cuore avvinto al canapo

Tremolano lussuriosi fiori d’acqua
nel calice della tua bocca
ed io assetata ne suggo.
Fra tanti calici
       uno solo seppure vuoto
un ideale brindisi
ispira ardito alla nemesi incipiente


Un delicato bouquet
mi frizza allora di champagne
che le guance accende
e la speranza di sentire un frullo.
Vado
       per vicoli stretti e tortuosi
io che da sempre
cerco ariosi viali tra il verde
e tappeti di crochi fioriti

Forse sono difficile l'impossibile
l'imprevisto il labirinto
No, io mi conosco
Sono solare semplice accogliente

E’ l’avverso che mi avversa.
La tua lingua
       è uno staffile
che schiocca sibilando
colpisce il viso e mi ferisce

Potrei anche io
armarmi d’unghia e di lingua
e paludata di ragion gridare
              trovo più saggio invece
limare l'unghia
la lingua digerire
per compiacermi d’essere gentile
e non degenerare
              come fai tu
quando il volto t’infiammi
       nella rabbia.


Credo che ogni donna, almeno una volta nella vita,
potrebbe dedicare al proprio uomo questi versi.
Io l’ho fatto! L’ho fatto al momento giusto e quando
mi sono sentita particolarmente ferita. Ma questa,
diciamo, ramanzina potrebbe andar bene anche
indirizzata a una donna.

La mia disperazione grido
- hanno chinato il capo i biancospini -
e la tua grido che petali raccogli morti

Ho rincorso chimere gridando
e tu, tacendo, per me hai colorato l'aria
La nostra disperazione grido
trivella del dolore che taglia il cielo
per cercare il sole

Ma adesso il sole dove è.
Ti incontro
       e tu non mi riconosci
Sono coperta d’ombra ai tuoi occhi
Strade solitarie ho percorso sul tuo viso
e le parole – le mie e le tue –
ho visto fermarsi sulla bocca

Brucianti come fuoco erano le mie parole
Come la solitudine erano fredde le tue
Io sì ti ho amato…io sì!

Su qualunque strada banco di luce
sabbia scoglio spine poseranno i miei passi
sempre incontrerò il ricordo di te.
Vivo del tuo veleno
       mi tieni nelle spire
a guardare da lontano
il fruttaiolo che grida
e il grido sembra un canto

Arsa la bocca anelo addentare
pompelmi e arance e dall'amaro al dolce
avidamente saltare.
La voglia di respiro
       mi coglie e di ampiezza
nella luce iridescente di questo giorno unico
che contiene e rimanda preziosità di parole
- allegorie d’eternità - nel cuore del tempo
che ogni cosa scrive e tosto cancella.
Ancora adesso
       vagano fantasmi dentro me
eppure quel giorno
nemmeno una lacrima ho speso
sparendo in alti fusti rinsecchiti dal gelo

Salutiamoci da cristiani dicesti
e io da buona cristiana
abbracciandoti ho detto addi
Delle donne che sono in me
       tutte giunte nei tuoi pensieri
cavalcando la Rosa dei Venti
una - inamovibile - è rimasta fra le dune
a coltivare l'acqua e il papiro
e la campana del gran rintocco
non ha sentito né l'ultima luce di lampo
ha visto o scampolo di vento

Ora che realtà il ghigno mostra
e fantasia incatena
come potrà raggiungere la cima della sequoia
la più alta o il regno dell'aquila
dove il favo del miele si nasconde
o ancora più su la Loggia del Silenzio.
Sulla strada del dolore
       diventano stalattiti le lacrime
Striscio attraverso il silenzio
della foresta pietrificata
e mi si smaglia l'anima
Alle mie spalle
l'impronta sofferta del viso
e più in là, sul prato ,
una polla lembo di cielo mi pare.
Ci siamo sfiorati una volta
       e ci siamo amati

Sono le nostre vite due mondi
paralleli e lontani
attratti dalla stessa luce

Megagalattico esistere il nostro

Idealmente ci teniamo per mano
ma nell'infinito del tempo
ci perdiamo ogni giorno un poco.
Ho colto nei tuoi occhi
       il bagliore dell'autunno avanzato

Sei radiosa mamma aureolata
dal dolce pacato tuo vivere

Sei legge d’amore. Ho roseo di nuvole
un trono disposto per te

A me basta appigliarmi
ai fili bianchi dei tuoi capelli
odorosi di gelsomino e mentuccia
e, tornata bambina, dalla chimera del sonno
nella piega del tuo seno
       lasciarmi cullare.
D’aria il corpo
Nido inopportuno soffocante banale
scontato vivere vincoli barriere
occhi glaciali corpi senza mani
predatori in agguato

Liberami, liberami di me da questo peso
dammi d’aria il corpo
distendimi su tappeti di agrifoglio e aloe

Coprimi ti prego di stelle.